28 aprile 2014

Guiro in Emmespunto

A quel tempo Guiro si trovava nell'Emmespunto e la gente veniva da lui e gli faceva domande.

Un giorno alcuni giovani lo andarono a trovare e gli chiesero: «Maestro, maestro, dicci cos'è l'amore».

Lui si sedette e disse: «L'amore è l'opposto dell'odio».

«Dicci allora cos'è l'odio», replicò uno dei giovani.

«L'odio», disse Guiro prendendo un libro da uno scaffale, «è l'opposto dell'amore».

Un mormorio di protesta si diffuse tra i giovani. Il più sfrontato di questi disse: «Ma così non ci hai detto né cos'è l'amore, né cos'è l'odio!»

Guiro lanciò il libro che aveva preso contro lo studente. Il titolo era "Lo zio e lo Zen", o forse "L'ozio e lo Zen": le testimonianze non concordano su questo punto.

«Secondo quel libro ora qualcuno di voi dovrebbe trovare l'Illuminazione» disse Guiro. «I maestri zen avevano allievi migliori. Mi dispiace ma non ho la risposta alla vostra domanda. Posso solo dirvi che non può esserci amore senza odio e non ci può essere odio senza amore».

«E perché?» chiede uno dei giovani in fondo.

«Un'altra domanda, grazie».

E i giovani a lui: «Maestro, maestro, allora dicci cos'è la democrazia».

Uno di loro, il più robusto e forte, di nome Robur, si alzò. «Io lo so cos'è la democrazia. Mio padre comanda la terza legione dell'Emmespunto, la più forte di tutte e la più numerose di tutte. La democrazia è quando mio padre decide qualcosa e tutti sono d'accordo perché sanno che quella decisione renderà più forte l'Emmespunto!»

Poi si alzò un altro giovane, con le vesti ricamate d'oro, di nome Plutofilo. «So io cos'è la democrazia: mio padre è il più ricco dell'Emmespunto e ha tutti amici ricchi. La democrazia è quando mio padre e i suoi amici decidono qualcosa e tutti sono d'accordo perché sanno che quella decisione renderà l'Emmespunto più ricco!»

«Tz!» fece stizzito un altro giovane, alzandosi. Costui era Nousofio. «Voi non potete sapere cos'è la democrazia. Io lo so, infatti sono il più intelligente e colto in questa stanza e mio padre è l'uomo più intelligente e colto di tutto l'Emmespunto. La democrazia è quando mio padre decide qualcosa e tutti sono d'accordo perché riconoscono che quella è la migliore delle decisioni possibili per l'Emmespunto intero!»

Uno degli altri giovani, un tale Simplicio, si alzò e disse: «Mio padre sa fare molte cose: sa cosa serve per far produrre un campo, per far riprodurre gli animali e darci la carne o il latte. Sa come si stampano i libro sui quali tuo padre, Nousofio, ha studiato; sa come si forgiano spade e armature, senza le quali tuo padre, gentile Robur, sarebbe inerme davanti il più scialbo dei nemici. Sa come si costruiscono le case, senza le quali noi tutti dormiremmo all'addiaccio, e le strade che usiamo tutti i giorni per venire a trovare il maestro e lungo le quali le nostre merci vengono trasportate dove ce n'è bisogno. Che dici, Plutofilo? Che senza i soldi non potrebbe costruire quelle cose? Ti sbagli, infatti egli senza ricevere soldi ha costruito molte cose, per sé e per la comunità. Con che soldi ha comprato il materiale? Non ha avuto bisogno di soldi: gli è stato dato, in cambio di altri suoi lavori, oppure in cambio di una parte del latte o del grano prodotti. Di sicuro, non è stato comprato con i soldi di tuo padre, ma con il lavoro stesso del mio. Allora io vi dico che la democrazia è quando mio padre decide qualcosa e tutti sono d'accordo perché sanno che è solo grazie a quella decisione che tutti potremo mangiare, il guerriero potrà combattere, lo scienziato potrà studiare e fare i suoi esperimenti.»

«Che scemenza!» gridò Robur.

«Che idiozia!» fece notare Plutofilo.

«Quante sciocchezza in così poche parole senza fondamento!» urlò Nousofio.

Il mormorio aumentò, gli animi si scaldarono e cominciarono a litigare.

Susur, il più timido ma anche forse più saggio di tutti, li richiamò all'ordine e alla temperanza. Disse: «Scusate, ascoltate: abbiamo qui il maestro, chiediamo a lui, che certamente sa tante cose, molte forse persino giuste!»

Quando si fece silenzio, Guiro li guardò tutti uno per uno e dopo un lungo sospiro disse: «Io non so in verità cosa la democrazia sia. Però vi posso dire questo: possiamo provare a decidere insieme cosa deve essere».

Il brusio e il disorientamento stavan per aumentare di nuovo quando Guiro esordì così: «Ascoltate cosa faremo».

Quando ci fu silenzio continuò: «Abbiamo sentito quattro idee diverse di cosa la democrazia sia, ma non abbiamo elementi per deciderci su quale considerare la più giusta. Possiamo allora votarle per alzata di mano. Quella che otterrà più voti, cioè quella che soddisfa il maggior numero di voi, la considereremo la migliore. Non sarà possibile alzare la mano due volte. Chi è d'accordo con questo modo di procedere, alzi la mano».

Quasi tutti i giovani alzarono le mani, incuriositi. Ma alcuni invece non erano per nulla soddisfatti. In particolare Nousofio non alzò la mano e storse il muso. Disse: «Mi sembra assurdo che una massa di stupidi debba risolvere una questione tanto importante in questo modo! È ovvio che solo gli intelligenti possono decidere cosa è giusto e cosa non lo è!»

Guiro parlò così: «Bene. Questo sono le regole che le maggior parte di noi è pronto ad accettare. Coloro che non hanno alzato la mano hanno due opzioni: o restano e allora decidono di partecipare seguendo le regole, nonostante non le condividano, o vanno via e si uniscono ad altri che seguono regole a loro più gradite. L'Emmespunto è pieno di maestri sempre pronti ad accogliere nuovi seguaci!»

Nousofio si alzò e se ne andò e un altro paio di giovani con lui.

Guiro continuò: «Ora che tutti noi qui riuniti abbiamo raggiunto un accordo su come procedere per decidere quale sia l'idea di democrazia che soddisfa la maggior parte di noi, …»

Si udì una fragorosa risata. Era Lokkial, che da un po' se ne stava in finestra a guardare il maestro e i giovani discepoli intenti nelle loro peregrinazioni del pensiero. «Ah ah! Stolti! Non capite che vi sta facendo? Vi sta ingannando per bene, costui! Parla di democrazia e come un dittatore impone le sue regole! Chi l'ha deciso che se la maggioranza di voi ha alzato la mano, allora quelle regole vanno bene? Chi ha deciso cosa doveva fare chi non accettava tali regole? Rifletteteci: è sempre lui! Quest'uomo vi usa come marionette! Decide lui le regole! Poveri stolti! Ah ah ah!»

Lokkial restò lì a guardare l'effetto delle sue parole sulle giovani menti assiepate nel grande cortile interno della temporanea dimora di Guiro nell'Emmespunto.

Uno dei ragazzi dubbiosi, allora, disse: «Ma si potrebbero usare anche altre regole!»

«Certo» disse Guiro. «Enuncia le tue idee e mettiamole ai voti. Se le tue regole piacciono di più delle mie, allora useremo le tue».

Il ragazzo dubbioso guardò Lokkial, che gli fece un gran sorriso vittorioso. Il ragazzo dubbioso proseguì: «Ma questa è una regola che hai deciso tu! Io non l'accetto.»

Guiro si spazientì: «Allora non c'è altra soluzione: devi andare via, come ha fatto Nousofio con i suoi amici».

Il ragazzo si alzò turbato e arrabbiato, mentre Lokkial scoppiò in un'altra grande risata. «Tu sei un dittatore, maestro!» urlò il ragazzo, di cui le cronache non riportano il nome. «Io me ne vado, perché non posso sopportare di essere comandato in questo modo! E voi, tutti voi, siete solo delle marionette comandate da questo impostore!»

Il ragazzo si allontanò agitando i pugni. Un altro ragazzo, convinto dai suoi argomenti, lo seguì. Lokkial scoppiò in un'altra risata soddisfatta e si allontanò pure lui.

«Ora possiamo proseguire», disse Guiro. «Se tutti i presenti sono d'accordo nel seguire le regole che ho proposto. Se qualcuno ha altre regole da proporre al gruppo, lo può fare ora e il gruppo le voterà. Nessun'altra proposta per le regole con cui decideremo quale concetto di democrazia, tra quelli espressi, garba al maggior numero di noi? Bene».

Guiro guardò gli occhi speranzosi dei diversi giovani presenti. Vide una mano alzata.

«Parla pure, Triofrasto».

«Ma se ci fosse una quinta idea, che ancora nessuno ha espresso?»

Guiro sorrise: «Giusto. Facciamo così: qualcuno ha qualche altra idea da esporre?»

Si guardarono l'un l'altro, ma nessuno parlò.

«Allora» conclude Guiro, «significa che, limitatamente a ciò che noi possiamo conoscere, ci sono solo quattro possibilità per rispondere al nostro quesito. Se ne dovesse emergere una nuova, si potrà sempre procedere con nuove votazioni».

Salì sopra una sedia, il Maestro, e guardò i suoi discepoli dall'alto, pronto a contare le mani alzate.

«Secondo Robur, la democrazia sono i più forti che decidono perché sanno cosa può rendere più forte l'Emmespunto».

Un certo numero di braccia si alzò. Guiro le contò, finché non ne restarono più da contare. Fece abbassare le braccia.

«Secondo Plutofilo, la democrazia sono i più ricchi che decidono perché sanno cosa può rendere più ricco l'Emmespunto».

Di nuovo ci furono delle braccia alzati, di nuovo Guiro procedette con la conta delle braccia.

«Secondo Nousofio…»

«Un attimo!» protestò Cterpia. «Nousofio ha deciso di andarsene e di non far parte di questo gruppo: ha deciso di non accettare le regole e perciò non mi sembra che si debba tenere in conto l'idea da lui proposta!»

«Ti sbagli» disse Guiro: «Noi abbiamo ascoltato la sua idea e ora la conosciamo tutti, pertanto è giusto che tutti la prendano in considerazione e riflettano se sia quella migliore oppure no. Dunque, secondo Nousofio la democrazia sono i più intelligenti e colti che decidono perché qualunque decisione prendono, essa sarà, in virtù della loro intelligenza e cultura, la migliore per l'Emmespunto».

Dopo aver contato anche queste braccia e dopo aver invitato tutti al silenzio, enunciò l'ultima: «Secondo Simplicio la democrazia sono quando a decidere sono coloro che fanno, perché è grazie a loro che l'Emmespunto vive».

Giunti alla fine, tutti trassero un sospiro di sollievo. Qualcuno sbadigliò. Cterpia si alzò in piedi. «Maestro», disse, «ora ci dovete dire quale delle quattro ha vinto!»

«Mia cara Cterpia», disse Guiro scendendo dalla sedia. «Ti dirò che sapevo già il risultato anche prima di contare le vostre braccia; e dico a tutti voi che dovreste riuscire a indovinare qual è tra le quattro quella che ha avuto più voti. Ma sono stanco e ne parleremo la prossima volta. Ora, lo studente che trattiene il mio libro sullo Zen, sarebbe tanto gentile da restituirmelo?»